RACCONTO DI ANTONINO MANGANO
Cariddi era una ninfa, figlia di Poseidone, dio del mare, e Gea, dea della terra. La ninfa era avida e vorace: amava rubare e mangiare ciò che trovava.
Un giorno Cariddi rubò e mangiò alcuni buoi sacri al dio Apollo che Eracle, eroe dalla forza sovrumana, aveva preso a Gerione, gigante che era stato messo a guardia di quei buoi. 
Zeus, furioso per quell’affronto, fulminò Cariddi e la fece cadere in mare, dove la mutò in un gigantesco mostro, con una bocca piena di denti aguzzi, che risucchiava e rigettava l’acqua del mare, creando vortici che affondavano le navi in transito.
Cariddi viveva nello Stretto di Messina, vicino alla città. Di fronte a lei, sulla costa calabrese, dimorava Scilla, anche lei una ninfa trasformata in una creatura mostruosa a sei teste, che si cibava dei naviganti di passaggio.
Molti poeti raccontano di Cariddi. Nell’Odissea di Omero, si narra che Odisseo, seguendo i consigli della maga Circe, preferì affrontare Scilla, perdendo solo sei compagni, divorati da Scilla, anziché fare inghiottire l’intero equipaggio da Cariddi.

Dall’Odissea, Libro XII, vv. 101-107, detto dalla maga Circe a Odisseo:
«[…] L’altro scoglio, più basso, tu lo vedrai, Odisseo,
vicino uno all’altro, dall’uno potresti colpir l’altro di freccia.
Su questo c’è un fico grande, ricco di foglie:
e sotto Cariddi gloriosa l’acqua livida assorbe.
Tre volte al giorno la vomita e tre la riassorbe
Paurosamente. Ah che tu non sia là quando assorbe!
Non ti salverebbe dalla rovina neppur l’Enosictono. […]»

Dall’Odissea, Libro XII, vv. 235-244:
Da una parte era Scilla, dall’altra la divina Cariddi
Paurosamente ingoiava l’acqua salsa del mare;
ma quando la vomitava, come su un grande fuoco caldaia,
tutta rigorgogliava sconvolta: dall’alto la schiuma
pioveva giù, sulle cime d’entrambi gli scogli.
E quando ancora ingoiava l’acqua salsa del mare,
tutta sembrava rimescolarsi di dentro, e la roccia
rombava terribile; in fondo la terra s’apriva,
nereggiante di sabbia. Verde spavento prese i compagni.
Guardavamo Cariddi, paventando la fine.

Cariddi compare anche nell’epica latina, nell’Eneide di Virgilio, dove il poeta descrive il mostro durante il viaggio che spinse Enea e i suoi uomini lontani da Troia, passando per la Sicilia.

Il fianco destro Scilla, il sinistro Cariddi implacabile
Tiene e nel profondo del baratro tre volte risucchia
L’acque, che a precipizio sprofondano, e ancora nell’aria
Con moto alterno le scaglia, frusta le stelle con l’onda.
(Eneide, Libro III, vv. 420-423)
MICHELA DE DOMENICO
E’ architetto e dottore di ricerca in disegno dell’architettura, vive e lavora a Messina dove insegna presso il Liceo Artistico. 
Ha realizzato fumetti per diverse riviste italiane tra cui Mondo Naif Kappa edizioni, Schizzo Immagini Centro Fumetto A. Pazienza, Quartieri edizioni Interculturali,  Mono Tunuè. 
Per il n. 17 della collana Schizzo presenta del CFAPaz, ha realizzato Quando qualcosa si rompe e recentemente per la collana Cartographic di Mesogea il graphic novel Nel ventre dell’Orca, ispirato a Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo. Autrice di storyboard, illustrazioni per cinema e televisione, opere di street art, ha pubblicato diversi contributi scientifici in ambito internazionale sul tema del disegno dell’architettura e il saggio Architettura fantastica, gli archetipi visionari del fumetto per l’editore Interscienze. 
Da sempre promotrice nella sua città di attività culturali e didattiche legate alla nona arte, è tra i fondatori dello studio creativo Officina del Sole.
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